Il flehmen nel gatto: cos’è e cosa significa

Micio annusa qualcosa con insistenza, poi si blocca improvvisamente, apre la bocca, scopre i denti, e rimane come paralizzato per qualche secondo, come potete vedere in questo video.

Che succede?

Niente di preoccupante, ha appena sperimentato la reazione del flehmen.

Flehmen: dal verbo tedesco flehmen, mostrare l’arcata superiore dei denti

E’ una reazione osservata nei gatti ma anche nei felidi in generale (leoni, tigri), nei cavalli, nei bisonti, nei tapiri e in diversi altri animali. Tutti questi animali hanno l’organo vomeronasale (così chiamato per la sua vicinanza al vomero e alle ossa nasali) che reagisce in modo particolare a una certa classe di odori e feromoni. Quando l’animale viene in contatto con questi odori, la reazione del flehmen aiuta l’organo ad “avvicinarsi” all’odore per esaminarlo e registrarlo.

Ma quali sono questi odori? Principalmente sono legati al ciclo estrale e all’urina di altri gatti, non è raro vedere la reazione in gatti che vivono in comunità e si “annusano” a vicenda. Il gatto non sperimenta la reazione su cattivi odori, tipo i detergenti chimici, ma è un suo modo per richiedere “maggiori informazioni” sull’odore che ha appena sentito. Insomma, quando vedete che il vostro gatto ha questa reazione, significa che ha trovato un odore interessante!

Il ricollocamento di gatti adulti

abyssinian cat

Capita, nei siti degli allevatori, di trovare una sezione dedicata agli “adulti in cerca di casa”. Nel gergo allevatoriale si chiama “ricollocamento di gatti adulti” o “rehoming” se ci piace l’inglese. Vediamo di cosa si tratta.

Una questione di numeri

Gli allevatori non sono accumulatori di gatti o meglio, non dovrebbero esserlo. Il vero allevatore, cioè quello che lo fa con il reale senso di cosa sia la selezione di una razza e di come si porti avanti, deve lavorare con un numero di soggetti tale da riuscire a realizzare degli effetti misurabili nel pool genetico. Per essere più pratici, questo significa che se voglio che i miei gatti abbiano le orecchie più “basse”, non basta che mi capiti ogni tanto una cucciolata con le orecchie “basse”: devo fare in modo che tutti i miei cuccioli o, più realisticamente, una alta percentuale dei miei cuccioli abbia le orecchie “basse” e che questi cuccioli, quando diventano genitori, riescano a passare questa caratteristica anche accoppiati con gatti di diversa estrazione. Se un allevatore riesce a fare questo, si dice che ha “fissato” quella caratteristica che desiderava e quindi “ha fatto selezione”.

Un risultato così non si ottiene per caso: ci vuole pazienza, si “prova e sbaglia” diverse volte, si devono testare gli accoppiamenti e vedere quali ottengono risultati migliori, si devono tenere i cuccioli dagli accoppiamenti giusti e proseguire con la seconda, la terza e la quarta generazione, e si deve sempre tenere in mente che magari a un certo punto ci si rende conto che la strada intrapresa non è quella giusta e quindi si deve ricominciare tutto d’accapo.

E per farlo, servono tanti gatti. Quanti? Teoricamente più di quelli che un allevatore può ragionevolmente tenere in casa. Ecco perché si creano i circuiti di collaborazione, una specie di “allevamento distribuito” dove allevatori singoli si impegnano per andare nella stessa direzione di selezione e per cercare di fare insieme quello che da singoli è impossibile fare.

Il gatto sta meglio sterilizzato che intero

In tutto questo bel discorso filosofico sulla selezione e su quello che idealmente dovrebbe essere, dobbiamo però fare i conti con quello che realmente succede in allevamento: le gatte non possono fare tante cucciolate e i calori a vuoto sono pericolosi per la loro salute. I maschi non possono stare anni a deperire alla ricerca di femmine che gli vengono sistematicamente negate. Succede che puntiamo tutto il nostro lavoro su una gatta che purtroppo deve essere sterilizzata prima del tempo per qualunque motivo. Oppure che i gatti in casa nostra iniziano a sviluppare un comportamento aggressivo o disturbato per via delle grandi sollecitazioni a cui sono sottoposti o, caso meno raro di quanto si pensi, un gatto non riesce a integrarsi nella vita di allevamento e diventa insofferente, sviluppa un carattere difficile e rende impossibile la serena convivenza.
Insomma, inutile negarlo: è molto meglio che i gatti siano sterilizzati o castrati appena possibile.

Come si concilia l’allevamento con le necessità tipiche del gatto?

Si cerca di tenere il livello di stress in allevamento più basso possibile, e una delle cose che vanno necessariamente fatte è quella di tenere sotto controllo il numero di gatti presenti in casa. Tutti noi allevatori sappiamo qual è il punto critico, cioè quando abbiamo davvero “troppi” gatti e, quando arriviamo al numero, abbiamo solo due scelte possibili: o ci fermiamo, e di fatto smettiamo di rinnovarci, di inserire nuovi soggetti in allevamento, di proseguire la linea con i cuccioli dei nostri gatti (e con i loro cuccioli) di perseguire – insomma – la selezione e quindi di fatto smettiamo di allevare (perché fare cuccioli tanto per farli è solo quello, “fare cuccioli”, allevare è ben altro!) oppure cerchiamo di diminuire il numero di gatti presenti in casa.

Ma come fai a darli via, vuol dire che non li ami abbastanza!

In realtà è proprio perché li amiamo molto che vogliamo che per loro ci sia la migliore condizione possibile. E’ un atto di grande umiltà e di grande presa di coscienza personale quello di realizzare che un nostro gatto potrebbe star meglio da un’altra parte piuttosto che a casa nostra. Cercare di fare il loro bene deve essere sempre il punto principale del lavoro che si fa con i gatti, a prescindere dalla selezione e dal risultato che possiamo ottenere in anni di allevamento. Il benessere felino è e deve sempre essere al primo posto. A volte, ed è dura da accettare e lo dico senza tema di smentita, riconoscere che un nostro micio starebbe meglio in un’altra casa non è facile, perché significa ammettere di non essere riusciti a capirlo completamente, a dargli quello che merita e cioè una casa confortevole e un ambiente sereno. E’ una dicotomia strana, quella che gli allevatori vivono continuamente: devono fare i conti tutti i giorni con la realtà delle cose, che spesso e volentieri cozza, e pesantemente, con le teorie sulla selezione e l’allevamento che hanno letto sui libri o imparato nei corsi di formazione.
Dar via un proprio gatto, che magari è nato da noi, che abbiamo cresciuto e amato, che è stato importante per il nostro allevamento, è un atto d’amore in realtà. Di amore per il micio, che vogliamo sia felice a prescindere da dove viva. Questo è il rehoming.

Mi hai convinto, dimmi qualcosa in più sui gatti da ricollocare

Ogni gatto è un caso a sé e l’allevatore saprà indirizzarvi benissimo sul tipo di carattere che ha il micio, se può vivere con altri gatti o se deve stare da solo, se ha bisogno di uno spazio aperto (ovviamente protetto!) o se preferisce vivere tranquillo in casa. A differenza dei cuccioli, che vivono dall’allevatore per soli 3 mesi, il gatto adulto ha passato mesi se non anni a stretto contatto dell’allevatore, che ve lo descriverà in ogni suo minimo dettaglio e, se è esigente con i cuccioli, con i suoi adulti lo sarà ancora di più. E tenete anche conto che l’allevatore serio solitamente non ha “fretta” di piazzare i suoi gatti adulti in cerca di casa ma anzi, cercherà con attenzione la famiglia giusta per ognuno di loro.
Ci sono alcuni vantaggi a prendere un gatto adulto in un allevamento:

  • Costa meno di un cucciolo. In generale gli allevatori fanno un prezzo meramente simbolico per il gatto adulto, che in generale viene ceduto o gratis o con il rimborso per la sterilizzazione.
  • Il carattere che vedete nel micio e che l’allevatore vi descrive è “formato”, a differenza di un cucciolo che ha una base, costruita dalla vita in allevamento fino ai tre mesi, ma che poi è tutto da scoprire e da sviluppare.
  • Un gatto adulto in buona salute ha un sistema immunitario completamente formato, che lo mette al riparo dai piccoli inconvenienti che possono capitare a un cucciolo durante la crescita.

Se volete prendere in considerazione l’idea di accogliere nella vostra famiglia un gatto adulto, cercate sui siti degli allevamenti che vi interessano la sezione relativa, molto spesso gli allevatori indicano la disponibilità al ricollocamento e contattateli per informazioni!

 

Il mal d’auto nei gatti

Cat in a car

E’ la croce di ogni allevatore, ma anche di molti privati: il micio che soffre la macchina. Perché per un allevatore, che deve andare a un’expo a 300 chilometri da casa, avere mici che soffrono l’auto è una tragedia! Chiaramente la cosa migliore che può fare un allevatore che ha un micio problematico è quello di lasciarlo beato a casa, ma è chiaro che capita che il gatto debba essere portato dal veterinario per un qualunque motivo, e se ha una forte sofferenza della macchina anche 500 metri possono essere un grosso problema.

Come si può fare per rendere a Micio il viaggio più confortevole?

Due tipi di mal d’auto, impariamo a riconoscerli!

In realtà esistono due tipologie distinte di “mal d’auto”, e ho imparato – nella mia esperienza di viaggi anche molto lunghi con i gatti – a riconoscerli. Personalmente ho viaggiato molte ore in auto con i mici e ho preso l’aereo con loro diverse volte (sempre in cabina con me, mai in stiva!) e ho identificato due tipologie di malessere:

  • il malessere comportamentale: il micio miagola, si agita, gratta per uscire, cerca attenzioni. In questo caso è improprio parlare di mal d’auto, perché in realtà quello che vuole è semplicemente non stare chiuso nel trasportino, e molto spesso quando gli si danno attenzioni o lo si fa uscire dal trasportino si calma subito. Può essere molto sfiancante, perché ci sono gatti che miagolano ininterrottamente per tutto il tempo del viaggio, e sicuramente accumulano molto stress, con ovvie conseguenze negative per la loro salute.
  • la cinetosi. Questo è il vero mal d’auto, che ha origine nell’eccessiva stimolazione dell’apparato vestibolare (orecchio interno) e provoca sintomi ben precisi, principalmente ipersalivazione, nausea e vomito, in casi gravi anche diarrea. Il gatto sta proprio male, in questi casi, e sta male in qualunque mezzo di trasporto, quindi auto ma anche treno, nave o aereo, e purtroppo anche nei viaggi brevi.

Come gestire il mal d’auto comportamentale

Se il micio mal sopporta l’auto, ci sono alcuni accorgimenti che consiglio, anche in base alla mia esperienza:

  • Tenere i trasportini a disposizione dei mici e non tirarli fuori solo quando si deve andare in macchina. Molti gatti si abituano alla presenza dell’oscuro oggetto e, pian piano, diventa per loro un oggetto familiare.
  • Non dare attenzioni al micio che sta manifestando il suo dissenso al viaggio. Purtroppo non è facile, perché l’istinto ci impone di intevenire, ma molto spesso è l’unica cosa che funziona è ignorarlo.
  • Fare viaggi brevi per abituarlo fin da piccolo. Prima si abituano meglio è, soprattutto se prevediamo di portarlo con noi per esempio in esposizione o in vacanza.
  • Non farlo uscire dal trasportino in macchina! Una volta l’ho fatto, e da quel giorno il micio in questione non ne ha più voluto sapere, per portarlo ovunque era necessario tenerlo in braccio!

Come gestire la cinetosi

Come abbiamo visto, la cinetosi è un disturbo fisico e come tale è imperativo che venga coinvolto il proprio veterinario. Esistono dei farmaci che aiutano Micio a gestire meglio il viaggio, e sono tendenzialmente sedativi, antiemetici e antistaminici. Alcuni consigli:

  • Non dare cibo e acqua nelle ore immediatamente precedenti il viaggio.
  • Tenete una guida tranquilla e un’andatura regolare il più possibile.
  • Non fate assolutamente mai automedicazione. I farmaci che vengono dati sono da utilizzare sotto strettissimo controllo veterinario, che valuterà le condizioni di Micio e prescriverà il farmaco più adatto nelle dosi migliori, da seguire scrupolosamente.
  • Limitare i viaggi allo stretto indispensabile. Se avete un micio che soffre di cinetosi, non portatelo in expo, lasciatelo a casa tranquillo!

Ma gli allevatori li comprano i gatti?

Maine Coon

Certo che si! Un allevatore è, prima di essere un “venditore di cuccioli”, un compratore a sua volta.

Ma quanto costano i gatti che l’allevatore compra e che poi utilizza nel suo allevamento?

Vediamo alcuni casi:

  • Il persiano top winner show americano: raro esemplare di gatto praticamente perfetto, che farà cuccioli di altissimo livello perché selezionato da anni, che farà best su best ogni volta che uscirà in expo. Tipicamente proveniente dagli Stati Uniti, paese in cui la selezione del persiano ha raggiunto livelli di eccellenza mondiali. Un persiano di questo tipo può costare anche 5000 euro, fuori il costo del viaggio chiaramente…
  • Un onesto riproduttore, razza a piacimento (Norvegese, Maine Coon, Birmano,…): da 800 a 1500 euro in media, viaggio ovviamente escluso, che se vi va bene l’allevamento è appena oltre la frontiera, se va male è nella punta più estrema del Nord Europa, per cui arrivare in volo a Stoccolma è solo la prima parte di un lunghissimo viaggio andata e ritorno per recuperare il micio.
  • Un micio di una razza particolare, penso a Sphynx o a razze rare: prezzo a piacimento, ma non meno di 2000/2500 euro. Alla difficoltà di trovare soggetti giusti per il proprio allevamento, si aggiungono particolari come l’alta mortalità prenatale, la poca fertilità delle femmine, la difficoltà insita nell’allevare certe razze, vuoi per la penuria di soggetti, vuoi perché la razza è oggettivamente difficile da allevare (e sicuramente il migliore allevatore in circolazione sta come minimo a Vladivostok e dovrete prendere la Transiberiana per andare a trovarlo).
  • Il cucciolo nato nel vostro circuito di collaborazione: è la più semplice. Spesso gli allevatori collaborano tra loro in piccoli gruppi, per cui non è inusuale che si “scambino” i cuccioli per tenere bassi i costi e per continuare ad allevare con una buona linea “lavorata” grazie ad accoppiamenti mirati con i gatti del circuito. La soluzione ideale, ma è necessario costruire il circuito e non è una cosa che si riesce a fare all’inizio anzi, ci vogliono molti anni e molta fatica per riuscire a collaborare in modo proficuo!

E poi, lo sappiamo. Il maschio perfetto, che abbiamo pagato 3000 euro più altri 2000 per andarlo a prendere a 5 chilometri a nord di Rovaniemi, ben che vada farà cuccioli dopo due anni perché è una linea lenta!, verrà picchiato da tutte le femmine perché è troppo dolce e carino e le femmine se ne approfittano e spruzzerà come un idrante perché tutti i maschi di questa linea sono così.

Ad maiora!

Toelettatura: gli indispensabili!

Quali sono gli strumenti indispensabili per una corretta toelettatura casalinga del gatto? Tutto dipende dalla razza e dal tipo di pelo, un Persiano avrà bisogno necessariamente di più attenzione e prodotti specifici rispetto a un Siamese, quindi è importante il supporto del vostro allevatore per una corretta gestione del pelo del vostro micio. Ci sono però alcuni prodotti e accessori che servono quasi a tutti i gatti, vediamoli insieme!

Il cardatore (per i gatti a pelo semilungo e lungo)

Il cardatore è un pettine a denti in metallo su una base rettangolare o quadrata. E’ perfetto per pettinare i peli semilunghi o lunghi. E’ importante che i dentini del cardatore siano morbidi e non rigidi, dato che possono dare molto fastidio alla pelle del micio. Si usa per la pettinata settimanale o quotidiana, su tutto il corpo. Toglie molto bene il pelo “morto” e – se il modello è quello giusto – al gatto non da problemi.

La spazzola di gomma (per i gatti a pelo corto)

Il cardatore, o altri pettini a maglie larghe, sono inutili su un gatto a pelo corto. In questo caso è necessario utilizzare spazzole di gomma o in silicone, da massaggiare sul pelo per asportare il pelo “morto”.

Il pettine a denti stretti

Utile sia nei gatti a pelo lungo/semilungo che corto, è chiamato anche “pettine antipulci” perché ha proprio quella funzione. Sperando di non usarlo mai per togliere antipatici animaletti sul pelo del nostro micio, si usa però per togliere residui e sporcizie varie dal pelo, nei gatti a pelo lungo/semilungo va usato prima del passaggio del cardatore.

Lo shampoo neutro

Per uno shampoo di “emergenza” casalingo, senza alcuna pretesa di resa professionale come i prodotti appositi, ci sono in commercio molti prodotti che vanno benissimo e che vi consiglio di tenere in casa. Io ne ho provati alcuni e vi posso dire che il fanno il loro dovere molto bene! Non vi consiglierò nessuna marca, la cosa importante è che sia neutro e adatto ai gatti (non usate lo shampoo a uno umano, il PH delle pelle dei gatti è diverso dal nostro!)

Il tagliaunghie

Il taglio delle unghie del gatto è importante e andrebbe fatto regolarmente ai nostri amici felini. Lo strumento adatto è ovviamente il tagliaunghie specifico.  Ricordatevi di tagliare solo la punta dell’unghia e di non andare troppo in profondità, o rischierete di provocare una piccola emorragia!

Quanti gatti ha un allevatore?

kittens

Ma un allevatore quanti gatti ha in casa? Cosa vi dovete aspettare quando andate a trovare un allevatore?
Possiamo dividere gli allevatori, a seconda del numero di gatti che hanno e della loro “dimensione”, in tre categorie: vediamole insieme!

L’allevatore micro

Molto spesso è un “amatore” più che un allevatore. Ha pochissimi gatti, magari due o tre femmine da riproduzione e basta, in generale non ha maschi in casa ma utilizza maschi esterni per le sue femmine e fa una, massimo due cucciolate l’anno. I gatti sono tenuti benissimo, vivono in un ambiente praticamente perfetto e molto spesso non vanno nemmeno in esposizione. A queste dimensioni, non possiamo parlare veramente di allevamento, perché con un così esiguo numero di soggetti stabili è praticamente impossibile costruire e creare una propria linea di selezione, che è l’obiettivo fondamentale di ogni allevatore. Ma all’allevatore micro non importa, non è tendenzialmente un frequentatore dell’attività associativa né ha interesse a ingrandirsi. Vuole solo il piacere di avere i cuccioli ogni tanto, senza alcuna altra velleità. Ovviamente è importante e fondamentale che un allevatore micro sia registrato in ANFI, che tutti i suoi cuccioli abbiano il pedigree a norma di legge e che siano seguiti e cresciuti in modo ottimale, ma di solito questo non è un problema.

L’allevatore medio

La maggior parte degli allevamenti felini in Italia sono classificabili come allevamenti medi. Un allevamento medio ha uno o due maschi (molto spesso due ma anche di più), che possono vivere presso l’allevamento o presso persone di fiducia dell’allevatore. Ha almeno 5/6 femmine riproduttrici e un numero variabile di gatti sterilizzati, che sono gli ex-riproduttori. Diciamo che ha in media 8/10 gatti, tra i quali ci possono essere anche giovani tenuti in osservazione per “vedere come crescono”. Fa 3/4 cucciolate l’anno, in generale. L’allevatore medio è spesso ben inserito in associazione, va in esposizione, frequenta la propria sezione regionale dell’ANFI e, in generale, è ben conosciuto nell’ambiente. Ha come obiettivo il “fare allevamento”, cioè costruire e creare nel tempo una propria personale linea di selezione, con una o più caratteristiche uniche che lo rendano riconoscibile agli occhi degli altri allevatori. E’ molto informato sugli altri allevatori, conosce e frequenta alcuni circuiti di collaborazione e spesso lo si può trovare a esporre all’estero.

L’allevatore grande

In Italia non ce ne sono molti, di allevamenti felini considerabili grandi. Un grande allevamento ha molti soggetti, sopra i 20. Ha diversi maschi e molte femmine e produce cuccioli praticamente tutto l’anno. Chiaramente un allevamento che ha così tanti gatti ha bisogno di spazi ben diversi da quelli di una casa normale, per cui spesso i gatti sono tenuti stabilmente in strutture esterne (soprattutto i maschi) e in casa vengono tenute le femmine con i cuccioli. Un allevamento grande ha la necessità di regolarizzarsi con il fisco, perché di fatto è un’azienda, e ha necessariamente una dimensione molto diversa da quella degli allevatori medio-piccoli. Fa una selezione spesso molto veloce, perché avendo la disponibilità di tanti soggetti può più facilmente di un allevatore medio raggiungere alcuni risultati in breve tempo. E’ un nome noto nell’ambiente, anche se spesso guardato con sospetto perché una grande o grandissima dimensione può non conciliarsi al 100% con un’ottima socializzazione dei cuccioli e una tenuta ineccepibile dei gatti, ma questo varia da caso a caso e non è certo la dimensione o il numero di gatti a garantire un alto standard di allevamento. Come dicevo, non sono molti gli allevamenti grandi, io ne conosco qualcuno ma non arrivo a 10, parlando in Italia.

Da chi andare a comprare un cucciolo?

Non ci sono assoluti, dipende. Le regole generali di informarsi preventivamente e di andare in visita prima di acquistare un cucciolo valgono sempre, sia che l’allevatore sia micro, che medio che grande. Un piccolissimo allevatore può non avere il cucciolo che piace a voi banalmente perché non ha una “produzione” costante tutto l’anno, cosa che invece ha l’allevatore grande, ma al contempo l’allevatore grande può non avere il tempo di seguirvi come volete perché l’impegno che ha dalla gestione dell’allevamento è altissimo. Un allevatore medio potrebbe essere la scelta che più si addice alla maggior parte delle esigenze, ma non bisogna assolutamente dimenticare che non è il numero di gatti (alto o basso) che fa di un allevatore un buon allevatore!

Da 0 a 3 mesi, il piano sanitario dei cuccioli

cuccioli sphynx

I cuccioli escono dall’allevamento quando hanno compiuto tre mesi di vita. Ma nei tre mesi precedenti, cosa deve fare un allevatore da un punto di vista sanitario? Vediamolo insieme!

Giorno 0 – giorno 30

Nasce la cucciolata! Nei giorni successivi al parto e fino all’inizio dello svezzamento, l’allevatore pesa quotidianamente i cuccioli, controlla che crescano regolarmente e valuta se dare o meno l’integrazione di latte artificiale, controlla che mamma gatta si sia ripresa bene dal parto, che mangi regolarmente e che la montata lattea arrivi senza problemi. Manipola quotidianamente i cuccioli per abituarli alla presenza umana, controlla che si aprano gli occhietti senza difficoltà, che si scarichino, che non siano sporchi e che la temperatura e umidità dell’ambiente in cui crescono sia adatta. In questi giorni inizieranno a camminare e inizieranno anche i primi approcci al gioco.

Giorno 30

Intorno al mese di vita i cuccioli iniziano lo svezzamento. L’allevatore introduce il cibo solido, monitora con attenzione l’assimilazione del cibo  e introdurrà i cuccioli all’uso della lettiera. E’ il momento in cui la nursery viene allargata, perché hanno bisogno di muoversi e di giocare. Viene introdotto anche l’uso del tiragraffi e di alcuni piccoli giochi per stimolare l’attività.

Giorno 40

Intorno al 40esimo giorno viene effettuata la prima sverminazione. Non tutti gli allevatori svermano i cuccioli, alcuni preferiscono eseguire esami delle feci ripetuti per dare il farmaco solo in presenza di parassiti. L’allevatore userà un prodotto specifico per i cuccioli, solitamente in pasta dato che è più comodo da somministrare ai cuccioli piccoli, e li controllerà nei giorni successivi perché è possibile che lo svermante provochi episodi di diarrea.

Giorno 60

I cuccioli sono cresciuti, sono usciti dalla nursery e hanno iniziato a scoprire la casa. Mamma gatta li chiama per allattarli, ma stanno mangiando regolarmente da soli. Hanno conosciuti gli altri gatti presenti in casa che li aiutano a sviluppare il carattere e l’indole della loro razza. E’ il momento della prima vaccinazione, che se la cucciolata non ha avuto problemi, è anche la prima visita dal veterinario. Dopo la vaccinazione l’allevatore controllerà che i cuccioli non sviluppino reazioni al vaccino, sia locali che sistemiche.

Giorno 70

Se l’allevatore ha dato il prodotto svermante, è il momento di ripetere la somministrazione. Può ridare lo stesso prodotto oppure, dato che i cuccioli sono un po’ cresciuti, potrà optare per una formulazione in pastiglie.

Giorno 81

3 settimane dopo la prima vaccinazione, è il momento del richiamo vaccinale e della seconda visita dal veterinario. Anche in questo caso l’allevatore controllerà che non ci siano effetti collaterali al vaccino né reazioni locali.

Giorno 90

I cuccioli hanno 3 mesi e sono pronti per le nuove famiglie! L’allevatore li porterà dal veterinario per un ultimo controllo prima del cambio casa dove certificherà la loro buona salute tramite la dichiarazione del veterinario dopo una visita accurata.

Nel libretto del cucciolo saranno segnate dal veterinario tutte le date delle vaccinazioni e l’allevatore potrà integrare le informazioni con le date delle sverminazioni e indicazioni sul peso del cucciolo in vari momenti della crescita o indicando solo il peso a tre mesi, in modo che i nuovi proprietari siano informati dei trattamenti che ha ricevuto e possano iniziare la loro nuova l’avventura in modo più consapevole possibile.

Le richieste che arrivano a un allevatore

gray cat

Da quando alleviamo abbiamo ricevuto un campionario variegato di richieste che sono arrivate da potenziali nuove famiglie. Negli anni ho imparato che il mondo degli allevamenti è davvero oscuro a tante persone: cosa facciamo, perché lo facciamo, sotto quali regole e con che spirito sono cose sconosciute al grande pubblico. Ho quindi perso investito molto del mio tempo a rispondere a queste (e altre!) richieste, cercando di spiegare il “no” e di motivarlo al meglio delle mie possibilità.

Ecco le più popolari!

Me lo può dare a 40 giorni?

No. I cuccioli stanno con la mamma e in allevamento fino al compimento dei 3 mesi. Devono essere consegnati con il piano vaccinale completo, cioè trivalente e richiamo, e la prima vaccinazione trivalente si fa intorno ai 60 giorni di vita, il richiamo dopo 3 settimane. E no, non è possibile nessuna deroga!

A me il pedigree non interessa, quanto costa senza?

Nessun allevatore serio vende cuccioli senza pedigree! Nessuno. Se il pedigree “non vi interessa” mettetelo in un cassetto, noi lo diamo comunque a tutti i nostri cuccioli. Proprio per questo motivo non c’è differenza di prezzo, perché il pedigree non è un’opzione. Chiunque vende cuccioli in altro modo vi sta truffando!

Ma costa troppo! Si può avere uno sconticino?

No. Il costo del cucciolo è comprensivo di tutte le spese che l’allevamento sostiene per mantenersi, e sono tante, veramente tante. A conti fatti, la maggior parte degli allevatori vende i cuccioli a un prezzo che è puramente un rimborso delle spese, non c’è alcun guadagno e, se c’è, vi posso assicurare che viene prontamente reinvestito nell’allevamento stesso.

Io il cucciolo glielo prendo, ma non ho tempo di venire a vederlo. Me lo può portare lei a casa?

No. Il cucciolo non è un pacco regalo e noi non siamo una ditta di trasporti. E in ogni caso nessun cucciolo è mai uscito da casa nostra senza che la nuova famiglia l’abbia visto almeno un paio di volte, e non è ammessa nessuna deroga.

Ma l’allevamento X me lo fa a metà prezzo!

Andate pure. Il nostro prezzo è valutato in base al lavoro complessivo che c’è dietro al singolo cucciolo, c’è una ricerca di qualità infinita, un lavoro personale notevole, una cura e una dedizione totale. Se c’è qualcuno che riesce a mantenere lo stesso livello di allevamento e di cuccioli alla metà del prezzo di vendita, buon per lui!

E voi ne avete altre?

La strategia di comunicazione online di un allevamento felino

Cat and Computer

Nell’era dei social network, di Facebook e di Twitter, è sempre più importante anche per un allevatore gestire la propria presenza online in modo efficace: un sito web non basta più, bisogna “esserci” ed esserci bene. Un allevatore deve essere ben introdotto nel suo ambiente, deve essere conosciuto dai suoi pari e deve godere sempre, il più possibile, di un buon nome. Perché questo significa, oltre alle ovvie maggiori probabilità di essere contattati per i cuccioli, anche la possibilità di essere contattati per collaborazioni con altri allevatori, che è fondamentale per la creazione e l’espansione del proprio circuito.

Non serve necessariamente affidarsi a un esperto di comunicazione (anche se qualche consiglio sarebbe bene ascoltarlo e altrettanto sarebbe bene imparare da “quelli bravi”) ma è necessario scendere nell’arena e confrontarsi, perché qui, come altrove, chi si ferma è perduto!

Il sito web

E’ fondamentale che abbiate un sito web. Non è più concepibile che un allevatore, che di fatto è una persona che svolge un’attività rivolta al pubblico, che è iscritto nel registro degli allevatori ANFI, che è presente in esposizione, che viene fotografato, i cui gatti magari vanno anche in televisione, non abbia una presenza web.
Sia che lo facciate “in casa” che vi rivolgiate a un esperto, libero professionista o web agency, ecco i miei consigli:

  • Scegliete un layout grafico semplice e curato. No agli sbarluccichini, ai testi marquee, al puntatore del mouse modificato, alla musica sottofondo che parte in automatico, al guestbook, al testo blu-sfondo nero. Vi prego no. Gli anni ’90 sono finiti da un pezzo.
  • Preferite sempre e comunque la leggibilità all’impatto grafico. Un semplice testo nero su sfondo bianco andrà benissimo, un menu (orizzontale o verticale, come preferite) semplice e facilmente navigabile. Se volete sbizzarrirvi nella creatività, potete optare per una bell’header o un footer creativi.
  • Cercate di evitare la splash-page con la scelta delle lingue. Ricordate che più lontano è il vostro visitatore dal contenuto che gli interessa, più alta è la probabilità che se ne vada senza nemmeno provarci.
  • Assolutamente bandito Flash. Ma c’è ancora qualcuno che fa siti in Flash?
  • E’ fondamentale ormai che il vostro sito sia responsive, cioè che si veda ottimamente su tutti i dispositivi, sia cellulari che tablet che computer.
  • Le pagine essenziali del vostro sito dovrebbero essere: chi siamo, i gatti, i cuccioli, dove siamo, contatti. Cercate di mettere molte foto, più professionali possibile.
  • Prevedete anche una sezione blog o notizie, che dovrete aggiornare periodicamente. Se non avete in mente di aggiornarla (non ho tempo!) non fatela proprio.

Facebook

Sicuramente avrete già una presenza su Facebook. Pare che tutto il mondo felino si sia trasferito su Facebook negli ultimi anni e che sul gigante blu si consumino le peggiori tragedie. Ecco qualche consiglio (ci sono passata, ve li dico a ragion veduta):

  • Cercate sempre di mantenere un contegno decoroso nella vostra comunicazione su Facebook. Non lasciatevi trasportare da discussioni accese, non scrivete su gruppi aperti insulti e offese, tenete un’immagine moderata e professionale il più possibile. Non litigate e non raccogliete provocazioni. Ricordatevi che, così come voi siete su Facebook, lo sono anche le persone che vi scrivono per i cuccioli, che sicuramente andranno a fare un giro e si faranno un’idea di voi ben prima di conoscervi.
  • Create una pagina Facebook per il vostro allevamento, e chiamatela con un nome riconoscibile che comprenda il vostro nome di affisso e la razza che allevate. Invitate tutti i vostri amici, gli allevatori e i proprietari dei vostri cuccioli e inserite aggiornamenti, foto e video dei vostri gatti.
  • Potrebbe essere una buona idea quella di targhettizzare il vostro profilo personale sull’attività dell’allevamento. Questo dipende dall’uso che fate di Facebook e che tipo di contenuti generalmente pubblicate. Se notate che negli ultimi tempi avete postato solo gatti, foto di gatti, video di gatti, pensate a farla diventare la vostra immagine pubblica completa. Come consiglio, tenete un 15-20% di spazio per cose vostre personali che esulino dall’allevamento.

Twitter

L’uccellino azzurro è diventato sempre più popolare, ma ancora non raccoglie i consensi degli allevatori. Pochi hanno un profilo Twitter e, i pochi che ce l’hanno, lo usano sporadicamente. Ecco comunque alcuni consigli:

  • Il vostro nickname su Twitter dovrebbe essere il nome dell’allevamento.
  • Preferite post fotografici.
  • Twittate gli aggiornamenti del vostro sito (nuovi articoli, notizie, foto dei gatti).
  • Seguite gli altri allevatori e tutti gli utenti che hanno una relazione con il mondo pet (produttori di cibo per animali, organizzatori di esposizioni, associazioni internazionali).

Instagram, Pinterest, Youtube e gli altri

Se tutti sono su Facebook, qualche ardimentoso si lancia con Twitter, ben pochi sono gli allevatori attivi sugli altri social network come Instagram, Pinterest, Tumblr, Youtube o Flickr. La regola, in questo caso, è sempre la stessa: iscrivetevi usando come nickname il vostro allevamento e cercate di differenziare il più possibile l’utilizzo dei vari social network. Se non avete niente da dire su Pinterest, non è necessario “esserci” per forza, un profilo inutilizzato è molto peggio di nessun profilo.
Usate invece i social network fotografici se siete appassionati di fotografie, per esempio se siete di quelli che, durante un fine settimana espositivo, tornano a casa con 600 foto. Selezionate le migliori, caricatele su Flickr e condividete l’album sul vostro sito web e sulla vostra pagina Facebook, taggando gli amici e inserendo i nomi dei gatti fotografati. Questo è un ottimo uso integrato dei social!

Ehi ma ti sei dimenticata Google+!

No, non mi sono dimenticata del social di Mountain View. Bellissimo, io personalmente lo adoro per tante cose, ma non c’è nessuno. Nessuno. In questo momento può essere utile, da un punto di vista di promozione allevatoriale, solo per linkare l’autorship di Google al vostro blog/sito. Nulla di più. Vedremo se tra qualche tempo prenderà piede, ma per ora – per un allevatore – è inutile.

Il segreto di una buona strategia di comunicazione

E’ semplice: essere sempre voi stessi, e cercare di far vedere che dietro a un nickname, a un sito, a un post su un blog o a un video su Youtube ci sono persone che allevano gatti, che li amano, che lo fanno per passione e che vogliono condividere un pezzetto della loro vita con gli altri. Siate genuini, non postate solo ed esclusivamente foto in studio ma fate vedere la vostra casa, dove vivono i vostri gatti, fate un video dei cuccioli o foto dei mici che dormono nelle loro classiche posizioni “da gatto”.

Siate voi stessi, sempre! E’ il miglior investimento che possiate fare!